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Tumore non diagnosticato: la Asl di Latina condannata a risarcire un insegnante

La Asl di Latina è stata condannata a risarcire un insegnante di 72 anni per la diagnosi tardiva di un tumore. Il ritardo ha ridotto le opportunità di trattamento e migliorato il rischio sanitario, portando alla perdita di chance del paziente.

Pubblicato il 24 Aprile 2025

La ASL di Latina è stata condannata a risarcire un insegnante di 72 anni per i danni derivanti da una diagnosi tardiva di tumore, che ha ridotto le sue possibilità di trattamento e miglioramento. La sentenza del tribunale civile, che arriva dopo un lungo iter legale, sottolinea le colpe della struttura sanitaria, accusata di non aver adottato una condotta adeguata per diagnosticare tempestivamente la malattia.

Un lungo percorso prima della diagnosi corretta

Come riportato dai colleghi di Latina Oggi, la vicenda inizia nel febbraio 2017, quando l’uomo si presenta all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina per un’endoscopia digestiva, a seguito di anemia. Nonostante il trattamento con farmaci ed emotrasfusioni, i suoi sintomi non migliorano. Il quadro clinico del paziente continua a peggiorare, ma i medici non intraprendono ulteriori indagini.

È solo nel giugno 2018, dopo aver deciso di rivolgersi al Policlinico Gemelli di Roma, che viene fatta finalmente una diagnosi precisa: un tumore non operabile. Questo lungo ritardo nell’individuazione della patologia, pari a circa un anno e mezzo, si è rivelato fatale per le sue condizioni. Il ritardo diagnostico ha aumentato il rischio per il paziente, aggravando la sua situazione clinica.

Il ritardo diagnostico come condotta colposa

Dalla consulenza tecnica d’ufficio e dalla relazione del giudice, è emerso che la Asl di Latina avrebbe dovuto procedere con ulteriori approfondimenti clinici e non avrebbe dovuto seguire un approccio “attendista”, come invece accaduto. Questo comportamento, giudicato “non consono” alle esigenze del paziente, ha portato a un incremento significativo del rischio sanitario per l’uomo.

Il tribunale ha stabilito che il ritardo nella diagnosi ha ridotto del 40% le probabilità di miglioramento, secondo gli studi scientifici e le statistiche presentate durante il processo. Il danno subito dal paziente è stato quindi riconosciuto come una “perdita di chance”, un danno non patrimoniale che ha ridotto le sue opportunità di cura, aumentando le sofferenze e riducendo la durata della sua vita.

Il risarcimento dei danni

Nel motivare la sentenza, il tribunale ha fatto riferimento a una precedente pronuncia della Corte di Cassazione, che definisce la perdita di chance come la “privazione della possibilità di ottenere un vantaggio sperato”, che può tradursi in migliori opportunità di cura, maggiore durata della vita o minori sofferenze. Alla luce di questi elementi, il giudice ha accolto la richiesta del paziente e ha condannato la Asl di Latina a risarcire i danni derivanti da questa diagnosi tardiva.

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