Scopre di avere un tumore ma rifiuta di abortire: porta a termine la gravidanza e chiama la figlia Vita

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Una bellissima storia di amore materno giunge da Brindisi, dove una 40enne ha deciso di portare una gravidanza a termine benché avesse un tumore.

La donna in questione è Manuela Vergari, sulla quale in pochi giorni si è abbattuta una vera tempesta di emozioni. Nel novembre del 2022 durante gli esami di routine ha scoperto di avere un tumore al seno e pochi giorni dopo un’altra notizia inaspettata, ma di tutt’altro tenore: era incinta.

I medici non le hanno dato altre opzioni: o abortiva per curarsi secondo le tradizionali procedure mediche o c’era il rischio serio di morire. La donna però non si è arresa e ha deciso di portare avanti la gravidanza, ben consapevole dei rischi che avrebbe corso per dare alla luce la sua bambina.

“Non voglio abortire”, la commovente storia di Manuela

In un’intervista a Il Corriere della Sera Manuela ha ripercorso tutta la sua odissea: “Nel momento in cui ho saputo del cuoricino che batteva dentro la mia pancia, ho capito immediatamente che dovevo salvare le due vite, la sua e la mia”.

Si è quindi rivolta altrove, all’ospedale San Martino di Genova, dove però i medici le hanno consigliato la strada dell’aborto. Lei, d’accordo col marito, non aveva alcuna intenzione di abortire e così, non potendo ricorrere alla chemioterapia, né alla radioterapia né alle terapie ormonali, ha optato per la mastectomia. E così, dopo tante sofferenze, agli inizi di agosto è nata la sua piccola bambina che è stata chiamata Cecilia Vita, un nome di certo non scelto a caso.

Parla il professore che l’ha seguita: “Una storia eccezionale”

La vicenda ha commosso anche il professor Piero Fregatti, il medico che l’ha seguita, che ha rilasciato queste dichiarazioni all’Avvenire: “La potenza di questa storia è che la volontà di portare avanti la gravidanza ha scardinato sicurezze di vent’anni, contenute nelle linee guida delle società oncologiche internazionali. È qualcosa di più forte, di eccezionale, che si può chiamare amore”.

Anche lui, come i suoi precedenti colleghi, aveva indicato che in questi casi la strada più sicura sarebbe stata l’aborto: “Come detto, in questi casi nei primi 90 giorni si dovrebbe procedere con l’aborto terapeutico. Il rischio abortivo è del 20%, quello malformativo del 30. Insieme fanno 50. Lei ha perso un seno per riuscire a portare avanti la gravidanza”.

Il decorso post-operatorio

Manuela, dopo il parto, ha detto al Secolo XIX: “Dentro di me sapevo che sarebbe andato tutto bene. Ogni volta che la bambina si muoveva dentro di me mi convincevo che stavo facendo la cosa giusta: è stata lei a infondermi il coraggio”.

Adesso la donna dovrà sottoporsi alle terapie ormonali e anche per questo motivo ha scelto di rinunciare all’allattamento della piccola Cecilia Vita.

La 40enne è laureata in chimica farmaceutica e ha detto di credere fermamente nella scienza, ma ha deciso di portare avanti la gravidanza per dimostrare che ci sono alternative praticabili che magari seguono sentieri meno battuti e meno convenzionali all’interno della medicina.

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Redazione Nazionale

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