Esattamente dal momento in cui, lo scorso mese, è stata promulgata una legge che ha permesso di liberare 2.750 carcerati per inviarli sui fronti più caldi.
Lo rivela il Washington Post, che sottolinea, così, la crisi di Kiev per le gravissime perdite e nel reclutare nuovi soldati.
I carcerati sono raggruppati in divisioni composte solo da ex detenuti, guidate da un soldato, e possono combattere solo nelle brigate d’assalto, quelle che si trovano faccia a faccia col nemico.
Intanto, nel vertice di Pace del Burgenstock, in Svizzera, al quale ha partecipato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è stata riaffermata la necessità di difendere i principi di “Sovranità, indipendenza e integrità territoriale di tutti gli Stati, compresa l’Ucraina”.
Inoltre, è stato messo nero su bianco che “Il dialogo tra tutte le parti è necessario per porre fine alla guerra”.
Il comunicato finale, però, non è stato firmato da tutti i partecipanti, cioè 93 Paesi e 8 organizzazioni internazionali.
La lista dei 12 che non hanno sottoscritto comprende India, Arabia Saudita, Messico, Indonesia e Sud Africa, anche se altri paesi in bilico così come la Turchia hanno aderito. Un segnale che c’è ancora del lavoro da fare sulla strada della pace.
E sarà fatto, assicura Zelensky annunciando la costituzione di “gruppi di lavoro” per arrivare “presto” a un secondo summit, aperto questa volta pure alla Russia.
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