Pubblicato il 17 Maggio 2024
Mentre Fedez rischia di essere indagato per il pestaggio a danno di Cristiano Iovino, continua a piovere sul bagnato per Chiara Ferragni che riceve un’altra battuta d’arresto nell’attività di ricostruzione della sua immagine. Un nuovo “scandalo” è stato raccontato da Selvaggia Lucarelli nel suo libro “Il vaso di Pandoro”, dove vengono ripercorse la caduta e l’ascesa dei Ferragnez.
Come raccontato dalla giornalista Charlotte Matteini, l’episodio in questione riguarda una ragazza che ha lavorato come stagista per Chiara Ferragni per 300 euro per 8 ore al giorno.
La brava @CharlyMatt parla di un contenuto importante del mio libro Il Vaso di Pandoro, e cioè la testimonianza di Giulia, una ex dipendente di TBS, la società di Chiara Ferragni. Che spiega bene come il femminismo e l’ empowerment femminile fossero perfetti per gli slogan delle… pic.twitter.com/H9EuvzuM5O
— Selvaggia Lucarelli (@stanzaselvaggia) May 15, 2024
“Chiara Ferragni non ne sapeva nulla, ma non è una scusante”
La giornalista, presentando il libro della Lucarelli, spiega innanzitutto che non è una pubblicità né tanto meno un regalo, avendolo acquistato di tasca sua. Poi introduce il racconto della ragazza, chiamata Giulia per privacy, che ha detto di aver lavorato per il sito the Blonde Salad dal 2019 al 2022. Come si può dedurre dal libro la Ferragni non era a conoscenza della gestione delle sue società, quindi evidentemente neanche del fatto che una sua dipendente era sottopagata, ma questo, come ha sottolineato la giornalista, non è comunque una scusante.
Tutte le società sarebbero state gestite dall’ex braccio destro della Ferragni Fabio Maria Damato, che avrebbe chiesto una buonuscita di ben 4 milioni di euro secondo le indiscrezioni dopo la caduta dell’impero dell’imprenditrice. La Mattaeini ha detto che la Ferragni non conosceva neanche i nomi dei dipendenti ma firmava ugualmente i contratti, quindi anche se non gestiva direttamente le sue società sarebbe stata comunque responsabile di quanto accadeva.
La storia di Giulia
Giulia avrebbe dunque lavorato per un anno per TBS Crew, dove percepiva la miseria di 300 euro al mese a Milano per 8 ore al giorno, compresi straordinari, eventi ed extra. Lo stage tra l’altro non sarebbe stato neanche formativo, poiché lei lavorava e basta senza ricevere alcuna formazione.
Giulia era dunque una lavoratrice con tutti i doveri ma senza diritti, e infatti quando è rimasta incinta avrebbe lavorato fino alla fine della gravidanza fatturando la stessa cifra. Poi, due mesi dopo il parto, Damato le avrebbe dato compiti che non rientravano nelle sue mansioni ed essendo partita IVA non avrebbe ricevuto le tutele previste per i dipendenti in maternità.
Poi le sarebbe stato offerto un contratto come manager editoriale del sito per 1.600 euro al mese, ma senza rimborso spese. Giulia si sarebbe presa qualche giorno per riflettere, anche perché col nuovo contratto non avrebbe potuto collaborare con altri, per poi scoprire che quel ruolo era stato affidato ad un amico di Damato. Interrogato sul suo comportamento, Damato avrebbe risposto: “Nelle tue condizioni dove pensavi di andare? Dovevi accettare subito! C’è la guerra, c’è il Covid, fai un lavoro in via di estinzione, cosa pensavi di trovare di meglio?”.
La Matteini ha comunque concluso il suo video sostenendo che l’azienda dell’influencer, che aveva margini di profitto altissimi, offriva stipendi che non erano assolutamente in linea con i guadagni e all’altezza del nome del brand.