Pubblicato il 1 Ottobre 2024
Valeria Marini, ieri 30 settembre, ha testimoniato in tribunale a Roma contro un produttore cinematografico accusato di truffa che avrebbe “spillato” alla madre oltre 350.000 euro in un investimento in Bitcoin tra il 2018 e il 2019. La showgirl ha accusato questa persona di aver distrutto la madre che, essendo una donna d’onore, si vergognava terribilmente di quanto successo tanto da non voler aprire neanche la porta alla figlia.
Il film di Valeria Marini e la truffa alla madre
Come riferito da Il Messaggero, tutto è nato dalla proposta fatta dal produttore cinematografico a Valeria Marini di interpretare una parte in un cortometraggio, “L’ultimo applauso”, utilizzando i fondi Imaie (Istituto mutualistico per la tutela degli artisti). L’uomo si era presentato all’attrice sostenendo di aver girato il video del suo matrimonio, ma lei non lo ricordava.
Si sono incontrati nel suo ufficio e, presentando la domanda a nome della Marini, ha percepito qualcosa come 15 o 20.000 euro. La madre dell’attrice, dopo aver visionato il corto, ha richiesto alcune modifiche e da allora si è occupata lei dell’intera faccenda, anche perché la Marini aveva altri impegni lavorativi. Ha spiegato che il produttore con la madre aveva sempre un rapporto ossequioso e rispettoso, e che la contattava sempre per stringere un rapporto di lavoro, senza mai presentarsi come un intermediario finanziario.
L’investimento
La madre ha così iniziato a investire senza dire nulla alla figlia, che ha raccontato di vederla ogni giorno sempre più giù di morale, tant’è che pensava che avesse qualche problema di salute. Poi la madre le ha raccontato tutto, sperando che i soldi le venissero restituiti per una questione d’onore. Soldi che naturalmente non si sono più visti e la Marini le ha dovuto dare casa poiché non aveva neanche i soldi per pagare l’affitto. A quel punto ha ingaggiato un investigatore privato, poiché il produttore sosteneva di essere stato truffato a sua volta da un trader finanziario che lo aveva convinto a investire in Bitcoin.
In realtà questo presunto trader non è mai stato trovato, perché forse non esisteva, e la Marini ha dichiarato che il produttore a sua volta ha cercato di apparire come un truffato agli occhi della madre. Secondo la Marini nella truffa ci sarebbe caduta anche Aurora Messina, attrice co-protagonista del corto, convinta a investire 20.000 euro ma che non avrebbe mai denunciato per vergogna.
Nel gennaio dell’anno scorso il gip Angelo Giannetti archiviò con queste parole il processo contro il produttore avviato dopo la querela delle due donne: “Non è certa la circostanza che la mancata distribuzione del cortometraggio sia dipesa dal dolo iniziale dell’indagato. Né che le somme di denaro corrisposte dalle querelanti non siano state effettivamente impiegate dall’indagato per la produzione dell’opera, sebbene in termini rivelatisi poi improduttivi”.