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Vittime di stupro: si esprime la Corte europea dei diritti umani (nel 2015 un processo a Firenze)

Pubblicato il 27 Maggio 2021

“Una sentenza importantissima, quella emessa stamattina dalla Corte europea dei diritti umani, perché stigmatizza la delegittimazione delle vittime di stupro, ritenute corresponsabili delle violenze subite in base a valutazioni legate alla loro vita privata, che continuano a essere usate per motivare sentenze condiscendenti verso gli autori delle violenze, nonostante ciò sia vietato da norme interne e internazionali”. Così Antonella Veltri, presidente dell’associazione contro la violenza sulle donne D.i.Re, ha commentato la condanna della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo dell’Italia, accusata, in riferimento a un processo a Firenze nel 2015 per violenza sessuale su una ragazza in cui i sei imputati sono stati assolti in secondo grado, di aver violato l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che stabilisce che “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”. Il ricorso era stato presentato dalla ragazza, seguita dalle avvocate Sara Menichetti e Titti Carrano di D.i.Re, contro la decisione della Corte d’appello di Firenze che aveva ribaltato la sentenza di condanna degli imputati dello stupro di gruppo ai danni della giovane donna, “sulla base della presunta non credibilità della vittima a causa di una valutazione moralistica della sua vita privata”, ha spiegato l’associazione che difende i diritti della donne e gestisce una rete di centri anti violenza. Secondo la Corte europea “le autorità nazionali non hanno tutelato la ricorrente dalla vittimizzazione secondaria durante tutto il procedimento, di cui la redazione della sentenza è parte integrante”. Inoltre, “linguaggio e argomenti della Corte d’appello veicolano pregiudizi esistenti nella società italiana”, mentre è “essenziale che le autorità giudiziarie evitino di riprodurre stereotipi sessisti”. Fra i riferimenti ingiustificati durante il processo citati dalla Corte Ue, quelli che riguardano la lingerie indossata dalla ragazza la sera incriminata, la sua gestione delle relazioni intime e le sue preferenze sessuali. “La sentenza di Strasburgo rende giustizia a tutte le donne che quando denunciano, devono affrontare un percorso giudiziario in cui subiscono vittimizzazione secondaria, con l’effetto di scoraggiarle dal presentare denuncia”, ha affermato l’avvocata Titti Carrano. “La Corte di Strasburgo ritiene deplorevole e irrilevante il riferimento nella sentenza di assoluzione della Corte d’Appello di Firenze alla vita personale, alle attività artistiche culturali, all’abbigliamento e all’orientamento sessuale che sono poste alla base dell’attendibilità della testimonianza della donna, con una grave ingerenza nella sua vita privata”, ha aggiunto Carrano. (fonte: Askanews)