Pubblicato il 11 Ottobre 2023
Questa la tesi sostenuta dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma nelle motivazioni della sentenza di secondo grado sull’uccisione del 21enne Willy Monteiro Duarte a Colleferro, nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020, massacrato a calci e pugni per essersi fermato nella zona della movida a chiedere a un amico in difficoltà se avesse bisogno d’aiuto.
Una linea con cui è stata smontata quella della Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone, che aveva ritenuto i campioni di arti marziali Marco e Gabriele Bianchi maggiormente responsabili per aver dato il via alle violenze, e che ha portato a togliere ai due l’ergastolo e a condannarli a 24 anni di reclusione.
Quasi la stessa pena inflitta in primo grado e confermata a Belleggia, condannato a 23 anni, e a Pincarelli, a 21.
Quell’equiparazione degli imputati appare, però, solo uno dei punti che al termine del processo in Corte d’Assise d’Appello non tornano.
La prova si forma nel corso del dibattimento, in aula, ma proprio alla luce delle testimonianze rese nel corso del processo si notano delle incongruenze.
Prima del massacro, Pincarelli e Belleggia avevano discusso con un gruppo di giovani di Colleferro e nella zona della movida c’erano anche due amici dei Bianchi, Omar Shabani e Michele Cerquozzi. I giudici specificano che tra i due gruppi, quello di Pincarelli e Belleggia e quello di Coleferro, la situazione “era tesa”, “senza tuttavia mai sfociare in atti di violenza fisica”. Aggiungono che Cerquozzi, “temendo evidentemente che la situazione potesse degenerare”, ha telefonato ai Bianchi, che con un altro amico, Vittorio Tondinelli, e tre ragazze, erano andati ad appartarsi nella zona del cimitero, chiedendo loro di rientrare nei pressi dei locali della movida.
E precisano pure che Willy, estraneo alla vicenda e avvicinatosi soltanto al suo amico di Colleferro, Federico Zurma, per chiedergli se avesse bisogno di aiuto, è stato aggredito “solo dopo l’arrivo dei fratelli Bianchi”.
Un massacro durato 40-50 secondi e che “deve ritenersi accertato” essere iniziato “con un violento calcio sferrato da Bianchi Gabriele con tecnica da arti marziali”. Proprio come emerso nel corso del dibattimento da “convergenti e attendibili” dichiarazioni rese “dai numerosi testi escussi”.
Dunque anche per la Corte d’Assise d’Appello nessuna violenza prima dell’arrivo nella zona della movida dei Bianchi e pestaggio di Willy iniziato con un calcio inflitto al giovane chef da Gabriele.
I giudici vanno anche oltre e, per quanto riguarda le dichiarazioni di Cerquozzi e Shabani, sostengono che “sono amici fraterni dei Bianchi” e “a differenza di tutti gli altri, e numerosi testi, non del tutto disinteressati a fornire una ricostruzione più favorevole alla posizione di Bianchi Gabriele o comunque a ridimensionare il ruolo di entrambi nell’aggressione”. Due testimoni considerati per tali ragioni poco attendibili.
La Corte d’Assise d’Appello aggiunge, però, poi che, dopo il calcio al petto, “deve ritenersi con certezza che tutti gli imputati abbiano attivamente preso parte al pestaggio” contro Willy, colpendolo con calci e pugni. Sottolineando anche che, all’arrivo dei Bianchi, Pincarelli e Belleggia “prendono coraggio e si uniscono agli stessi nella violenta aggressione”. Salvo evidenziare che “certa è la condotta tenuta dai Bianchi”.
E gli altri due imputati? Soprattutto contro Belleggia ci sono sostanzialmente soltanto le testimonianze degli amici dei Bianchi, che gli stessi giudici considerano scarsamente attendibili e impegnati a ridimensionare la posizione dei due amici. Eppure i giudici sostengono che è “certa anche la condotta violenta tenuta dal Belleggia, consistita in particolare nel colpire Willy con un calcio alla testa”. E anche se le violenze sono iniziate solo con l’arrivo dei Bianchi ed è stato ritenuto certo essere stati loro a sferrare i primi colpi micidiali, per la Corte d’Assise d’Appello sono tutti colpevoli allo stesso modo dell’omicidio. Anzi i Bianchi meritano le attenuanti generiche: “Sono del tutto estranei al contrasto iniziale che ha provocato la violenta aggressione”, la loro condotta “si è esaurita in un breve lasso di tempo” e “il violento pestaggio è ascrivibile anche agli altri imputati”.
Al punto da farli considerare vittime pure di valutazioni “di tipo etico e finanche estetico”. Infine i Bianchi, considerato il ruolo svolto nel pestaggio come “di primaria rilevanza” rispetto ai coimputati, sono stati condannati a 24 anni: solo un anno in più di Belleggia.
Si profila ora un’altra battaglia in Cassazione tra pubblica accusa e parti civili da un lato e i difensori dei quattro imputati, gli avvocati Valerio Spigarelli, Ippolita Naso, Vanina Zaru, Leonardo Bianchini, Loredana Mazzenga e Vito Perugini dall’altro