Pubblicato il 23 Settembre 2021
Dal report sembra che negli smartphone Xiaomi sia presente un filtro integrato a livello di sistema in grado di controllare il testo digitato dagli utenti. La parziale conferma di questo risiede nel fatto che le parole proibite si riferiscono all’indipendenza taiwanese, alla liberazione del Tibet ed altri argomenti politicamente rilevanti per la Cina.
L’ente governativo lituano per la sicurezza informatica ha rilasciato un rapporto secondo il quale Xiaomi Mi 10T avrebbe la possibilità di rilevare e censurare specifici termini.
Diverse app preinstallate ricevono infatti, di quando in quando, una “black list” di parole chiave da parte di Xiaomi, ed a quel punto il dispositivo è in grado di censurare contenuti con uno qualsiasi di questi termini.
Margiris Abukevicius, vice ministro della Difesa, ha consigliato a tutti i suoi concittadini di non comprare più smartphone cinesi, a maggior ragione se a marchio Xiaomi, in quanto non sicuri. La dichiarazione del vice ministro della Difesa arriva a seguito di un rapporto relativo a un’analisi effettuata su alcuni terminali cinesi: dalle informazioni pubblicate in Rete, sembra che negli smartphone Xiaomi sia presente un filtro integrato a livello di sistema in grado di controllare il testo digitato dagli utenti.
Questo filtro sembra confrontare le parole digitate con un dizionario contenente 449 termini e impedirebbe di cercare sul browser web espressioni come “Lunga vita all’indipendenza di Taiwan” o “Tibet libero“. Al momento, però, sembra che questo filtro sia disattivato per tutti gli smartphone destinati al mercato europeo, ma sempre secondo questo rapporto Xiaomi potrebbe renderlo operativo in qualsiasi momento. Molto probabilmente si tratta di una opzione pensata per il mercato cinese, il cui codice non è stato “ripulito” nei modelli internazionali. La parziale conferma di questo risiede nel fatto che le parole proibite si riferiscono all’indipendenza taiwanese, alla liberazione del Tibet ed altri argomenti politicamente rilevanti per la Cina
Dall’analisi pare che gli smartphone Xiaomi invierebbero pacchetti di dati criptati a un server a Singapore; il centro di analisi si chiede come mai l’azienda si comporti in questo modo quando altre compagnie
C’è poi un ulteriore aspetto da sottolineare, cioè che questa lista nera è chiamata “MiAdBlocklist“, il che lascia pensare che possa essere collegata alla pubblicità di sistema, piuttosto che alla censura di contenuti e messaggi. Tra le app che ne fanno uso troviamo infatti il Mi Browser, il cleaner e gli immancabili tool di sicurezza tanto cari ai firmware cinesi (e non solo), che spesso sono pieni di pubblicità.
Il report getta anche l’ombra del dubbio su un altro aspetto: il fatto che durante la registrazione al cloud di Xiaomi lo smartphone mandi un SMS crittografato, il cui contenuto non può quindi essere verificato, che potrebbe quindi includere anche informazioni personali e/o sensibili.
La risposta della casa cinese
I dispositivi Xiaomi non censurano le comunicazioni da o verso i propri utenti. Xiaomi non ha mai limitato e mai limiterà o bloccherà alcun tipo di comportamento personale da parte dei propri utenti. Funzioni come quelle di ricerca, chiamata, navigazione sul web o l’uso di software di comunicazione di terze parti non sono e non saranno mai limitate. Xiaomi rispetta e protegge pienamente i diritti legali di tutti i suoi utenti, ed è conforme al Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea (GDPR).