Continuano le narrazioni discordanti a proposito di coronavirus. Ogni virologo, infettivologo, epidemiologo dice la sua. E prosegue sulla sua linea Alberto Zangrillo, colui che più di ogni altro ha sparigliato nell’ultimo mese le carte di una narrazione del terrore di fatto non corrispondente ai numeri provenienti dagli ospedali: “Se torno indietro a 4 mesi fa, il 28 marzo è stato il giorno in cui sono stato più spaventato, mi veniva da piangere” dichiarava ieri a Lucia Annunziata nel corso di Mezz’ora in più. “Non sapevo dove mettere i malati. Oggi è il 28 giugno e tutti gli indicatori sono assolutamente favorevoli”, affermava con sicurezza ai microfoni di Rai3.
Quanto ai nuovi focolai in Italia (Mondragone, Bologna, Roma) Zangrillo rassicura gli italiani: “Non hanno alcun significato per me”, taglia corto. “In Florida c’è stata un’esplosione di infezione, quindi di soggetti infettati ma non malati. Anzi, la mortalità è passata dal 6,7 allo 0,4. In Italia abbiamo una serie di focolai che vanno controllati e identificati ma non equivalgono al focolaio di malattia”, spiega.
E taglia corto anche sugli allarmi lanciati da tanti medici la scorsa settimana, dopo la finale di Coppa Italia e i relativi festeggiamenti di strada: “Ho parlato con Napoli, dove c’è stata la finale e non c’è un malato al Cotugno o al Monaldi”.
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