Pubblicato il 6 Aprile 2022
Volodymyr Zelensky e molti dirigenti ucraini definiscono “genocidio” l’uccisione di civili, a Bucha e in molte altre città. Il Wall Street Journal ha proposto un quesito: perché Zelensky non si limita a definire quanto accaduto “crimini di guerra”? Nessuno contesta il crimine, si mette in dubbio invece la terminologia. Si tratta dell’errore già commesso evocando la Shoah davanti alla Knesset. Secondo l’enciclopedia Treccani, si definisce genocidio la “sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe, una razza o una comunità religiosa”.
Zelensky ha in casa un ricordo di vero e proprio genocidio
Nella storia dell’Ucraina, un vero e proprio genocidio c’è. L’Holodomor fu la carestia che tra il 1932 e il 1933 uccise quattro o cinque milioni di ucraini. Fu voluta dal gruppo dirigente dell’Urss: Stalin aveva l’intento di eliminare i contadini ribelli, che furono uccisi con la fame, deliberatamente. I confini della regione furono chiusi, il grano fu requisito e lasciato marcire in silos sorvegliati da militari. Ogni tipo di animale fu soppresso: cani, gatti, uccelli, selvaggina, nidi compresi. Ecco che i contadini, per sopravvivere, si nutrirono di radici e cortecce: molti di loro morirono per denutrizione. Nell’autunno del ’33 ci furono casi di cannibalismo.
Chi ha parlato di genocidio Ucraino in senso proprio
Fu Raphael Lemkin, nel 1944, a creare il termine “genocidio” e citò l’Holodomor. Secondo lo storico Robert Conquest, i milioni di morti ucraini erano ascrivibili a “politiche pubbliche intenzionali”, non dipendevano dalla scarsità dei raccolti. Aleksandr Solzenicyn, autore di Arcipelago gulag, afferma la crisi alimentare ucraina del ’32-’33 ebbe aspetti simili a quelli della carestia che dieci anni prima, tra il 1921 e il 1922, aveva colpito la Russia di Lenin, in preda alla guerra civile. Nel testo Lo stato criminale. I genocidi del XX secolo, Yves Ternon dice che è provato: l’Holodomor era un vero e proprio genocidio. Nell’ottobre 2008, una risoluzione del Parlamento europeo lo ha classificato come ‘spaventoso crimine contro l’umanità‘. E’ seguita analoga condanna, nel mese di novembre, da parte della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca, che parla ancora di “genocidio”.
Mieli sul Corriere: “Maneggiare con maggiore cautela la definizione degli atti criminali”
Paolo Mieli sul Corriere ha scritto: “Il fatto che ancora oggi si discuta tra gli storici se possano essere definiti ‘genocidio’ quei lugubri eventi di novant’anni fa dovrebbe indurre Zelensky e i suoi a maneggiare con maggiore cautela la definizione degli atti criminali di cui attualmente sono vittima. Non hanno alcun bisogno di far ricorso a parole che evocano altri misfatti del secolo scorso per risvegliare la sensibilità di chi segue la loro vicenda (a patto ovviamente che se ne occupi senza un partito preso, o peggio). E, qualora chi guarda alle stragi di cui gli ucraini sono vittima non sia affetto da forme di daltonismo cronico, si vede ad occhio nudo che il nero è prodotto dai militari di Putin.
Va detto infine che non può essere esclusa una terribile eventualità: prima o poi i russi potrebbero adottare (magari, mentre scriviamo, le hanno già adottate) tecniche genocide nei confronti delle popolazioni non russofone che abitano nelle regioni sotto il controllo dell’esercito con la Z. A quel punto potremmo pentirci di aver sprecato quella parola per descrivere la tragedia di Bucha, Mariupol e di molte, troppe, altre città. Orribili misfatti sì, ma non catalogabili con il termine genocidio”.